Ciao cari amici,
sto scrivendo velocemente un paio di cose perché voglio studiare la mia cassetta di inglese, quella avuta in omaggio con la Repubblica. E’ mercoledì pomeriggio e sono in camera mia nel mio Hotel 2 stelle Rimini. Sono ancora qui per qualche giorno di vacanza. Mi trovo sempre molto bene anche secondo me l’inverno è una stagione molto malinconica e l’euforia e il rumore delle feste non fanno che accentuare questa sensazione. Soggiornare in una località di mare, d’inverno, finiti tutti i festeggiamenti, poi è il massimo della malinconia! Molto diversa è invece la situazione a Rimini d’estate. Gli alberghi rimini sono pieni di turisti, che usufruiscono di piscina, sala fitness, sauna, aria condizionata, sala televisione, con antenna naturalmente satellitare, servizio internet. Che cambiamento rispetto alle pensioncine a gestione familiare della mia infanzia. Allora si veniva a Rimini per andare al mare e non per andare in piscina.
Ma torniamo a Woody Allen e all’ingenuo Jerry Falk, suo protagonista di Anything Else.
.....Ma non è l'unico paradosso che destruttura l'universo alleniano: lui, l'uomo mite e indifeso per antonomasia, qui esalta una filosofia di sopravvivenza aggressiva: restiamo sorpresi quando lo vediamo spaccare a colpi di crick il parabrezza dell'auto di due muscolosi prepotenti e quando racconta di aver sparato ad un poliziotto, che aveva detto che "Auschwitz era un parco a tema".
Il peso della storia - quella ebraica -, si sviluppa nel gioco dell'alter-ego. Dobel è ossessionato dalla memoria dell'olocausto, ammonisce che "il mondo è il cancro, l'elettrochoc e la camera a gas". Nel suo transfert liberatorio Allen discorre ancora una volta di arte, vita e sesso ("sentirsi rifiutare i rapporti provoca il cancro..."), concede anche una possibilità alla precarietà dell'esistenza ("anche un orologio fermo, due volte al giorno segna l'ora giusta"), diffida della pratica dell'analisi, lascia al tassista di turno il riformulare, in chiusura, la frase-titolo di questa sua opera: il mistero inesplicabile della vita? "You know? It's like anything else". È come tutto il resto della vita.
Presentato come film di apertura alla Mostra del Cinema di Venezia del 2003, "Anything Else" ha riscosso grande successo di pubblico, ma soprattutto ha rivelato, se possibile, un nuovo aspetto della personalità del regista: si tratta infatti di uno dei film più duri, di tutta la produzione del regista, e se si tiene conto che Allen non è mai molto tenero nelle sue critiche sociali ci si può fare un'idea di che cosa ci aspetta.
Con la sua crudele ironia ed il suo brutale sarcasmo, Dobel svela a Jerry aspetti della vita su cui difficilmente ci soffermiamo; chi di noi vorrebbe vivere pensando a tutto quello di negativo e di sbagliato c'è nella propria società? Non cerchiamo forse tutti di vedere e di cogliere solo il meglio della vita di cui facciamo parte? Ebbene, David Dobel, con il suo pessimismo, apre gli occhi all'illuso Jerry, svelandogli aspetti del suo mondo che egli si rifiuta di cogliere.
Ma torniamo a Woody Allen e all’ingenuo Jerry Falk, suo protagonista di Anything Else.
.....Ma non è l'unico paradosso che destruttura l'universo alleniano: lui, l'uomo mite e indifeso per antonomasia, qui esalta una filosofia di sopravvivenza aggressiva: restiamo sorpresi quando lo vediamo spaccare a colpi di crick il parabrezza dell'auto di due muscolosi prepotenti e quando racconta di aver sparato ad un poliziotto, che aveva detto che "Auschwitz era un parco a tema".
Il peso della storia - quella ebraica -, si sviluppa nel gioco dell'alter-ego. Dobel è ossessionato dalla memoria dell'olocausto, ammonisce che "il mondo è il cancro, l'elettrochoc e la camera a gas". Nel suo transfert liberatorio Allen discorre ancora una volta di arte, vita e sesso ("sentirsi rifiutare i rapporti provoca il cancro..."), concede anche una possibilità alla precarietà dell'esistenza ("anche un orologio fermo, due volte al giorno segna l'ora giusta"), diffida della pratica dell'analisi, lascia al tassista di turno il riformulare, in chiusura, la frase-titolo di questa sua opera: il mistero inesplicabile della vita? "You know? It's like anything else". È come tutto il resto della vita.
Presentato come film di apertura alla Mostra del Cinema di Venezia del 2003, "Anything Else" ha riscosso grande successo di pubblico, ma soprattutto ha rivelato, se possibile, un nuovo aspetto della personalità del regista: si tratta infatti di uno dei film più duri, di tutta la produzione del regista, e se si tiene conto che Allen non è mai molto tenero nelle sue critiche sociali ci si può fare un'idea di che cosa ci aspetta.
Con la sua crudele ironia ed il suo brutale sarcasmo, Dobel svela a Jerry aspetti della vita su cui difficilmente ci soffermiamo; chi di noi vorrebbe vivere pensando a tutto quello di negativo e di sbagliato c'è nella propria società? Non cerchiamo forse tutti di vedere e di cogliere solo il meglio della vita di cui facciamo parte? Ebbene, David Dobel, con il suo pessimismo, apre gli occhi all'illuso Jerry, svelandogli aspetti del suo mondo che egli si rifiuta di cogliere.
Interessante il ruolo che Allen si è riservato in questo film; non è più sua la parte dell'uomo inadatto al vivere, che non si sa relazionare, vittima delle mamme, delle mogli, delle fidanzate, ma del suo alter-ego, Jason Biggs che ha oggi questo ruolo ("Vorrei suicidarmi, ma ho talmente tanti problemi che non sarebbe una soluzione"). Allen tiene per sé la parte di un uomo che è uscito dall'esperienza della vita con tanta rabbia, odio sociale, disillusione e complessi, e che ha deciso di ribellarsi, sia pure attraverso vie non del tutto legali. La colonna sonora è realizzata con la pacata e sensuale voce di Billie Holliday. Titoli alleniani: scritta bianco su sfondo nero e presentazione degli attori in rigoroso ordine alfabetico (il che gli consente, salvo eccezioni comunque calcolate, di apparire sempre per primo!).
A più tardi.